C’era una volta la partecipazione…

C’era una volta la partecipazione…

di Antida Gazzola

Fino alla Rivoluzione Industriale la partecipazione dei cittadini – in senso socio-culturale, se non politico – all’amministrazione pubblica e alla gestione del territorio era stata implicita: i tempi e la relativa comprensione e condivisione degli obiettivi e delle tecnologie lo permetteva.

Tra l’Ottocento e il Novecento la specializzazione e l’incomunicabilità dei saperi cresce di pari passo con la complessità della gestione politica e amministrativa delle città: i cittadini sono sempre più estranei ai processi di trasformazione territoriale.

Come è noto il concetto di partecipazione può assumere almeno due significati diversi:

  1. a) partecipazione alla costruzione o distruzione materiale del territorio;
  2. b) partecipazione, ostativa o costruttiva, alle decisioni ed alle attività di tutela, salvaguardia e gestione del territorio.

Negli ultimi quarant’anni con il termine di partecipazione si sono individuate pratiche che prevedono un diverso grado di coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali. Con una certa disinvoltura si utilizza il termine partecipazione sia che vengano attivate forme di comunicazione o informazione, sia che si operino vere e proprie costruzioni del consenso, o che si portino avanti processi di self management (autogoverno, autocostruzione etc.).

Il tema della partecipazione, inoltre, è strettamente correlato a quello del conflitto: infatti, se il conflitto è un elemento ineliminabile dell’attività decisionale, la partecipazione può essere un modo per contenerlo, per evitarlo, o per “indirizzare” le scelte di una comunità. Inoltre il conflitto può diventare lo strumento stesso della partecipazione: spesso una comunità solo attraverso la contestazione e la mobilitazione riesce ad essere considerata un attore del processo decisionale.

Oggi, secondo molti osservatori, solo attraverso forme di mobilitazione spontanea dei cittadini, il cosiddetto approccio bottom up, si può portare avanti un autentico processo partecipativo libero e consapevole, mentre nel caso di approcci top down, ovvero esperienze partecipative incoraggiate, sostenute e spesso anche organizzate da amministrazioni od enti pubblici, si concretizzano forme ibride di partecipazione, più vicine a forme di comunicazione-informazione che ad esperienze di progettazione partecipata.

In genere si considera che la partecipazione sia nata formalmente in Italia nel 1978 con la istituzione del Consigli di Circoscrizione che potevano (e possono) convocare assemblee e formulare proposte per la soluzione di problemi amministrativi. Gli esiti di questa attività sono stati vari e discontinui, ma, nell’insieme abbastanza deboli, cosa che ha certamente influito sul crescere del disinteresse.

Nel 1990 la legge 142 dell’8 giugno, stabilisce, riguardo alla partecipazione popolare che, fra l’altro, i Comuni debbono valorizzare le libere forme associative e promuovere organismi di partecipazione dei cittadini all’amministrazione locale, anche su base di quartiere o di frazione.

Devono anche essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere altresì determinate le garanzie per il loro tempestivo esame.

A partire dagli anni Novanta, la partecipazione civica è stata ulteriormente rafforzata e rinnovata nei contenuti in seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione, la quale introduce, all’art. 118, il principio di sussidiarietà orizzontale.

Al principio di sussidiarietà verticale (cioè il principio per cui ogni autorità deve svolgere quei compiti che l’autorità locale di livello più basso al suo non riesce a svolgere) si affianca un principio di sussidiarietà orizzontale che prevede la collaborazione di soggetti pubblici e privati (altre istituzioni pubbliche, associazioni, soggetti privati o comuni cittadini) che operano sul territorio con competenze specifiche che vengono valorizzate per soddisfare i bisogni pubblici.

Si fa avanti il concetto di governance del territorio, che vede la PA come un soggetto in grado di catalizzare, gestire e mettere a sistema contributi di natura diversa, in un’ottica di  co-progettazione e co-costruzione delle policy.

In questo quadro cambia quindi anche il ruolo della Pubblica Amministrazione: essa non è più solo un produttore di servizi ma anche un produttore di politiche pubbliche, in quanto la sua azione è sempre più caratterizzata dalla necessità di governo di un sistema di attori complesso.

Un momento fondamentale in questo nuovo sistema di costruzione dei rapporti tra Amministrazioni pubbliche e cittadini è costituito dalla comunicazione al cittadino, nella sua valenza di processo che coinvolge istituzioni e cittadini nella ricerca di nuove modalità di interazione reciproca.

Occorre pertanto da parte delle Amministrazioni locali una forte predisposizione al dialogo con la propria comunità in modo da favorire la partecipazione dei diversi stakeholder alla definizione delle strategie e dei programmi. Non si può fare a meno di notare che questa attività delle Amministrazioni locali si intensificano in occasione di determinati eventi (elezioni politiche e amministrative, approvazione di strumenti urbanistici o di grandi opere). Ma la partecipazione è un processo che richiede apprendimento, esercizio e continuità.

La Pubblica Amministrazione deve comunque essere in grado di governare delle relazioni, ovvero riformulare i propri processi decisionali sulla base di sistemi di relazione più ampi e articolati rispetto a quelli tradizionali.

Le forme di coinvolgimento degli stakeholder alle politiche pubbliche possono essere di diverse tipologie, caratterizzate da diversi gradi di intensità (alcune più attive, altre più passive) e da diversi livelli di impatto sul processo e sugli esiti. Esse possono essere suddivise in tre categorie:

  1. informazione/comunicazione: è un approccio sostanzialmente informativo, dunque a una via; l’Amministrazione informa, comunica, rende consapevoli gli stakeholder individuati, di disposizioni, scelte, soluzioni decise unilateralmente, attraverso gli strumenti propri della comunicazione esterna;
  2. consultazione/ascolto: è un approccio che prevede in un primo tempo una fase di informazione delle scelte che l’Amministrazione intende compiere rispetto ad una particolare politica e, in un secondo tempo, una fase di ascolto degli stakeholder individuati rispetto all’ambito considerato. Le osservazioni raccolte potranno poi essere considerate dall’Amministrazione per una valutazione della qualità delle politiche e per una eventuale rimodulazione delle stesse;
  3. collaborazione/coinvolgimento attivo: è un approccio che prevede l’attivazione di processi negoziali supportati da tecniche complesse, finalizzato a prendere decisioni condivise tra Amministrazione e stakeholder. Questo livello prevede pertanto un ruolo attivo e dinamico di collaborazione e coinvolgimento attivo dei portatori di interesse interno al processo decisionale.

Nel corso del tempo si sono evidenziati diversi tipi di partecipazione:

  • partecipazione educativa (fondata sulla diffusione delle informazioni);
  • partecipazione informativa (destinata a raccogliere informazioni su bisogni ed aspettative della collettività, nonché a registrare le risposte alle proposte presentate);
  • partecipazione attiva (diretta a provocare una forte interazione operativa fra il pubblico e l’amministrazione);
  • partecipazione consensuale (permette ai detentori del potere di orientare gli utenti su direttive prefissate, di registrare le loro reazioni e magari di rilanciare altri messaggi informativi per ampliare il consenso e neutralizzare le eventuali opposizioni);
  • progettazione partecipata (avviene attraverso l’azione di Laboratori che impiegano diversi metodi di coinvolgimento; in alcuni casi si realizza un metodo “Planning for Real” che prevede l’utilizzo di un kit per la progettazione di un piano, dove ci sono gli strumenti e le istruzioni per sviluppare il proprio progetto);
  • partecipazione ostativa (avviene quando un gruppo di cittadini si oppone alla realizzazione di un intervento).

I principali attori sulla scena della partecipazione sono in genere

  • pubblici amministratori: sindaci, assessori, presidenti o rappresentanti di istituzioni;
  • stakeholder (portatori di interessi): committenti, costruttori, destinatari delle opere;
  • stockholder (proprietari di porzioni di territorio e di infrastrutture di servizio);
  • opinion leader (coloro che sanno farsi portatori e interpreti dell’opinione di altri);
  • opinion maker (coloro che, per professione o ruolo, contribuiscono a formare l’opinione degli altri);
  • utilizzatori stabili (che hanno titolo a interagire con la PA nelle forme previste dalla legge)
  • utilizzatori temporanei (come i turisti, che non hanno titolo, ma che pure dovrebbero essere ascoltati)
  • utilizzatori potenziali (sono quelli su cui si dovrebbe investire).

Non tutti e non sempre questi soggetti sono d’accordo sul significato della partecipazione, a cominciare dal termine stesso che talvolta è limitato all’indagine, alla conoscenza di un contesto, con la finalità di predisporre una forma di comunicazione degli obiettivi ai cittadini; in altri casi la partecipazione  è intesa come parternariato quindi rivolto solo agli attori economici che possono avere un ruolo nel finanziamento o nella predisposizione dei progetti o, ancora come un processo che punta alla cooperazione autogestita dove il rapporto con le amministrazioni può essere anche di conflitto; infine può essere considerata semplicemente come condivisione di un processo.

Oggi non si può fare a meno di essere critici nei confronti dei processi partecipativi che incontrano numerosi ostacoli perché difficilmente la partecipazione si presenta come il risultato di un processo generalizzato; più spesso coinvolge solo persone portatrici di interessi (politici, economici, culturali ecc.); è frequente che non ci siano spazi (in senso materiale e metaforico) in cui sviluppare le varie fasi della partecipazione che, per essere efficace, richiede un attivo processo di informazione, conoscenza e sperimentazione. Inoltre spesso la partecipazione coinvolge non tutti i cittadini, ma particolari gruppi caratterizzati da ideologie o interessi specifici, o si presenta come un processo rituale che modifica pochissimo la realtà.

I tempi della partecipazione raramente coincidono con quelli della progettazione di opere e della relativa realizzazione, i cui tempi, a loro volta, subiscono talvolta le limitazioni dell’azione della P. A. che può essere sollecitata da forme di partecipazione che, specie quando si presentano come ostative, influiscono sulla tempistica e sulle modalità di decisione.

Lo sviluppo prepotente, tumultuoso e non ancora gestito dei social (con tutti i problemi legati all’anonimato, all’incontrollabilità sostanziale delle informazioni, agli aspetti empatici, modaioli e proprio per questo “virali”) interferisce con la sopravvivenza della partecipazione nel suo significato originario. Se alla base della partecipazione deve esserci una sorta di “consenso – o dissenso – informato” non sarà certo la massa ingestibile di informazioni sparse nel web a formarlo a meno che non si provveda alla costruzione di un adeguato sistema di educazione alla comunicazione virtuale che, sperabilmente, non arriverà mai a sostituire completamente la comunicazione in compresenza.

 

Un esempio di schema di partecipazione su temi d’interesse locale:

  • Garantire un coinvolgimento attivo della cittadinanza nella costruzione del programma di sviluppo sostenibile della vita sociale ed economica del Comune attraverso un approccio partecipativo che favorisca l’ascolto e l’interazione costruttiva di tutta la società civile: i singoli, le famiglie, le associazioni, le imprese.
  • Prevedere, su alcuni temi di particolare rilevanza la partecipazione diretta della cittadinanza alle scelte dell’amministrazione pubblica (anche attraverso referendum) – ad esempio sul destino di qualche edificio pubblico dismesso
  • Istituire delle consulte permanenti e dei tavoli tecnici permanenti, aperti alla cittadinanza, che possano interloquire con le commissioni consiliari e abbiano una funzione di stimolo, confronto e verifica dell’attività consiliare. Favorire la rete delle Consulte delle Frazioni e delle Consulte delle Associazioni.
  • Costituire il “Tavolo delle Associazioni e delle Cooperative Sociali” per sviluppare sinergie attraverso un annuale Patto Educativo ed offrire opportunità di lavoro, in particolare per le ‘fasce deboli’: donne, giovani, stranieri

 

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redazione

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