Un azionariato popolare per i beni comuni

Un azionariato popolare per i beni comuni

di Ugo Mattei

La fine politica del berlusconismo nel 2011, a seguito dei referendum del giugno, e quella del renzismo nel 2016 a seguito del referendum costituzionale, mostrano quanto possa il popolo sovrano se messo nelle condizioni di parlare con una sola voce, oltre le contrapposizioni di partito. In effetti, nel mondo contemporaneo, più dell’antica distinzione fra destra e sinistra rimane rilevante quella fra alto e basso (élite e masse popolari se si preferisce). Questa contrapposizione, non più mediata da quella fra partiti di destra e di sinistra, è una miscela esplosiva, come dimostra meglio di ogni altra cosa la vicenda dei Gilet gialli in Francia i quali non sono comprensibili con il vecchio schema. Nell’Italia del salvinismo, la terza involuzione autoritaria, ben poco possono le vuote esternazioni sui valori costituzionali, se non si affronta di petto, con intelligenza e fantasia il nodo della legittimazione politica negli attuali rapporti di forza fra pubblico e privato. In una parola, che spazio c’è per la democrazia in un mondo in cui il Cda di Google o di altra grande corporation multinazionale conta infinitamente di più dell’intero Parlamento di un paese come il nostro? La concentrazione di capitale, prodotta dalla globalizzazione e dalla trasformazione tecnologica, ha purtroppo travolto (in tutto il mondo, certo non solo in Italia) il costituzionalismo liberale e i suoi rituali, anche se tanti autorevoli costituzionalisti faticano ad accorgersene.

Di qui al 30 luglio 2019 il Comitato Rodotà per i beni Pubblici e Comuni (www.benipubblicisovrani.it) proporrà una strada (forse un primo sentiero) per rigenerare la democrazia, al di fuori dalle vecchie contrapposizioni, cercando piuttosto un comune sentire costituente sulla tragedia sociale e ambientale che stiamo vivendo. La campagna, in ideale continuità teorica con quella referendaria del 2011 (due sì per l’acqua bene comune) si fonda sull’idea di due firme per i beni comuni. Vogliamo costruire una infrastruttura permanente per l’esercizio della democrazia partecipativa in cui tutti i cittadini che si riconoscono nei valori ecologici possano cooperare attraverso l’esercizio di un voto telematico davvero libero, anonimo e determinante, garantito dalla migliore tecnologia blockchain. Il fine ultimo è trasformare il capitale sovrabbondante in beni comuni, le cui utilità siano funzionali “all’esercizio dei diritti fondamentali della persona” e da gestirsi “nell’interesse delle generazioni future” come recita il testo del ddl del 2008 che ora proponiamo sotto forma di legge di iniziativa popolare per la riforma del Codice Civile (la prima delle due firme che stiamo chiedendo ai cittadini). Il mezzo prescelto è una Società Cooperativa di Mutuo Soccorso ad Azionariato Popolare Intergenerazionale, uno strumento giuridico privo di precedenti al mondo che offre quote di Azione Popolari da un euro (la seconda firma che cerchiamo) a ogni firmatario della Legge.

Al termine di questi mesi di discussione, avremo un soggetto organizzato che, crescendo fino a diventare economicamente solidissimo, potrà rendere effettiva e continua la battaglia per i beni comuni e i diritti fondamentali, determinando l’agenda futura, proprio come oggi fanno le grandi corporation ma producendo una forza uguale e contraria. La nostra corporation delfino (dotata di un Dna di cura e non di predazione come le attuali multinazionali squalo) agirà: 1) con gli strumenti della democrazia diretta previsti in Costituzione; 2) con l’azione giuridica, offensiva e difensiva, per le generazioni future; 3) con l’azione nella scuola, università e ricerca; 4) nella comunicazione, dotandosi di media indipendenti; 5) nella conversione ecologica, ristrutturazione e governo popolare di spazi e aziende in crisi. È il più ambizioso progetto avanzato da un fronte democratico in qualunque paese del mondo. Si può essere scettici sulla sua riuscita, ma come esserne avversi? Meglio rimboccarsi le maniche.

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redazione

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