A proposito del Lambro e di inquinamento dell’acqua di falda

A proposito del Lambro e di inquinamento dell’acqua di falda

di Giancarlo Guado

Premessa

Sono passate alcune settimane da quando un versamento di olio combustibile (idrocarburi liquidi in genere ) ha impattato con le acque del fiume Lambro; personalmente non conosco i dettagli di questo accidente ambientale, è certo comunque, che alcune migliaia di tonnellate di un pericoloso prodotto è entrato in circolazione, prima con le acque superficiali dei fiumi Lambro e poi del Po, ma a seguire e nelle more temporali di un ipotetico tentativo di “strippare” l’inquinante, da queste acque superficiali; con certezza, facilmente dimostrabile, questo forte e complesso inquinante non mancherà di infiltrarsi nelle acque sotterranee. E qui cominciano i veri problemi relativi all’impatto e al recupero della risorsa acqua per l’utilizzo civile.

Strumenti metodologici e scientifici

a) Prevenire è proteggere

Un grande personaggio dell’idrogeologia moderna – il prof. Gilbert Castany dell’Università di Parigi – che mi onoro d’aver conosciuto, affermava in maniera netta, che la migliore protezione è la prevenzione e, provocatoriamente, che il miglior sistema per bonificare/correggere le falde acquifere inquinate consiste nel non inquinare. La prevenzione e la difesa sono attività complementari e presuppongono ricerca sul campo, sperimentazioni, studi approfonditi pluridisciplinari di geologia, idrogeologia, idrologia, geofisica, geochimica, chimica, urbanistica e anche scienze sociali. In alcuni casi sono validi anche i modelli matematici. In merito a quest’ultima possibile applicazione è necessario precisare che, in special modo per gli acquiferi freatici e ad andamento lenticolare, i problemi applicativi dei modelli matematici, ai fini della prevenzione, risultano di difficile soluzione. L’idrogeologia, citata in precedenza, è essa stessa una scienza pluridisciplinare dove l’idrodinamica sotterranea, ancor prima degli altri aspetti riguardanti lo studio delle acque, risulta essere essenziale per la definizione della geometria di un acquifero da proteggere. Le acque sotterranee circolano con leggi fisiche per lo più dettate da condizioni geologiche peculiari, l’energia e la pressione con le quali queste acque si muovono, che sono alla base dell’idrodinamica, sono influenzate da fattori di difficile catalogazione quali la permeabilità dei suoli, la trasmissività e altri parametri matematici che non sono sempre di facile applicazione in special modo laddove le acque da salvaguardare sono quelle di bacini grandi ( in questi casi il supporto di modelli matematici può essere d’aiuto) e/o piccoli di acquiferi locali; questi ultimi non sono di solito costituenti falde acquifere diffuse su prospezioni areali importanti e con dimensioni geometriche ben definite ed inoltre, godono e soffrono contemporaneamente di peculiarità che se da un lato le rendono, a volte, uniche per il loro prezioso valore intrinseco, da un altro lato le rendono molto vulnerabili.

b) La difesa

La difesa dagli impatti, su di una risorsa così preziosa qual è l’acqua in generale risulta essere molto impegnativa; in particolare, laddove le falde sono di entità locale e non ben definite, sotto l’aspetto della loro geometria sotterranea. L’acqua per uso civile è trattabile per legge sotto il profilo microbiologico e chimico, ma il trattamento non può superare certi limiti tecnici ed economici, specie se si considera che il nostro Paese non gode della presenza di un contesto idrogeologico favorevole alla costituzione di estesi bacini acquiferi sotterranei, così che – laddove avvengono disastri ambientali – gli interventi sono ancor più difficoltosi (a volte impossibili). Un bacino idrico sotterraneo viene difeso fondamentalmente attraverso la conoscenza continua sullo sviluppo dei fenomeni che interessano il suolo e sottosuolo e il monitoraggio che viene messo a regime di volta in volta; a questo proposito è fondamentale la collaborazione delle amministrazioni comunali e della società organizzata perché qualunque bacino, piccolo o grande che sia, è sempre di dimensioni sovra/comunali (l’acqua sotterranea circola nel sottosuolo, indipendentemente dai confini amministrativi). Una difesa particolare è l’intervento “ a posteriori” di ripristino, a seguito di un processo di inquinamento. Negli ultimi anni, a causa della crescente necessità di affrontare il problema del disinquinamento, sia di aree dismesse dalle industrie, più o meno obsolete o inquinanti e quindi dislocate in nuove aree, sia di bacini idrologici e/o idrogeologici più o meno ben definiti, si sono sviluppate tecniche sempre più ricercate tese ad affrontare questo problema; va detto che in alcuni casi queste tecniche sono state utilizzate con successo (barriere idrauliche sotterranee- pozzi di prosciugamento ecc.), nel maggior numero di casi per acquiferi difficili da definire, importanti sotto l’aspetto dell’utenza e/o delle caratteristiche, il disinquinamento produce effetti modesti e non proporzionati alle risorse impegnate. Questo a riprova che l’intervento a posteriori è costoso, dagli esiti incerti e problematici.

c) il Rischio Ambientale

Il rischio che possa essere compromessa la risorsa acqua (specie del più generale rischio ambientale), a causa di eventi deleteri particolari e/o generali, rappresenta il “Danno Atteso” che ne deriva alla stessa. Secondo la bibliografia più recente in materia, il RISCHIO è Il prodotto delle dimensioni del danno atteso per la probabilità che l’evento accada1 nel concetto di rischio vanno valutate diverse componenti, due sono essenziali: il contesto ambientale e l’incertezza sul tipo e il tempo degli accadimenti. La funzione che esprime il Rischio, in termini matematici, è data dal rapporto che esiste fra: Pericolosità, Vulnerabilità e Valore così definiti:

  • La Pericolosità esprime la probabilità che si verifichi un impatto su una struttura idrogeologica depositaria di falde idriche.
  • La Vulnerabilità esprime l’attitudine che è propria della struttura idrogeologica a sopportare un determinato impatto.
  • Il Valore esprime la quotazione della risorsa nel contesto socio/economico.

La definizione del rischio esige la determinazione dei valori da attribuire ai parametri; è ovvio, quindi, che solo approfondendo la conoscenza del territorio si può valutare meglio il rischio stesso.

d) Il monitoraggio

Se la conoscenza è il presupposto della salvaguardia, solo la sua continuità nel tempo, attraverso il monitoraggio, può garantire la protezione della risorsa. Il monitoraggio serve a tenere sotto osservazione le variabili ambientali e/o sociali per le quali si temono impatti, quindi con esso, in prima istanza, si possono individuare le tendenze negative in tempo utile per poterne prevedere gli effetti, in seconda istanza l’eventuale allarme destato dall’osservazione in tempo reale permette interventi tempestivi sulle tendenze negative che emergono prima che queste sviluppino il loro massimo potenziale. Il monitoraggio è, ancora, di supporto fondamentale per ottenere lo stato delle conoscenze sugli impatti provocati da interventi – i più svariati – sul suolo/sottosuolo. Attraverso il monitoraggio si possono ottenere informazioni sulla utilità, accuratezza ed esaustività degli studi eseguiti in fase di ricerca che si sono utilizzati, ad esempio, per la captazione e il condizionamento delle sorgenti e/o pozzi. Il monitoraggio, quindi, va tarato secondo le aspettative richieste e le conoscenze in possesso.

Conclusione

Le normative di riferimento, unitamente alle considerazioni riguardanti le problematiche del rischio ambientale, fanno giungere alla conclusione che la difesa/protezione del territorio è un processo ininterrotto di azioni che vanno dalla ricerca teorica alle applicazioni pratiche, sempre sorrette da costante monitoraggio e valutazione per arricchire/approfondire la conoscenza stessa, secondo un circolo virtuoso di -ricerca-azione—
In tale processo, lo studio sistematico dei parametri scientifici, tecnici e sociali e il successivo coordinamento/utilizzo di queste conoscenze sono strettamente connessi a due esigenze solo apparentemente e superficialmente leggibili come conflittuali:

1) la tutela e la conservazione di un bene ambientale unico e irripetibile ( l’acqua);

2) i bisogni/aspettative del contesto socio/economico.

A volte, semplificando i concetti espressi, siamo vittime di miopia in riferimento ad una visione, solo apparentemente, utile nell’immediato; invece di grave danno per il divenire.


1 Gisotti-Benedini: Il Dissesto Idrogeologico, Roma, 2000 p.26

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