Tornare al governo pubblico delle città e del territorio

Tornare al governo pubblico delle città e del territorio

di Paolo Berdini

Da venti anni  la cultura neoliberista ha trionfato su ogni altra visione del mondo. Uno dei pilastri di questa cultura è che “lo Stato non è la soluzione; lo Stato è il problema”. Il concetto di governo pubblico degli aggregati urbani e dei territori è stato cancellato e le città sono diventate uno dei tanti segmenti dell’economia. Ma le città non sono soltanto luoghi di produzione di ricchezza. Nella loro millenaria storia sono state sempre i luoghi in cui trova espressione la parte sociale dell’umanità. Dove esistono servizi sociali, spazi per l’apprendimento. Dove si abita nel senso più compiuto del termine, dove cioè si  ha un luogo privato per vivere, la casa, e un luogo pubblico, la città, che è destinato alla socializzazione.

Aver cancellato questa concezione storica della città limitandola al solo parametro economico il più devastante effetto della cultura dominante, perché mette a rischio la stessa concezione di città. Siamo come noto l’unico paese dell’Europa occidentale ad aver abbandonato il governo urbano. In Francia o in Germania anche nell’attuale fase economica liberista le città sono governate e indirizzate dai pubblici poteri. Si continuano a costruire servizi e abitazioni sociali. Da noi esiste un blocco di potere parassitario che ha ottenuto la scomparsa della città pubblica e dove non esiste più neppure il concetto di casa popolare, sostituita da termini involuti e truffaldini come l’housing sociale. Il risultato è che in Italia abbiamo oltre tre milioni di alloggi vuoti invenduti costruiti grazie alla cancellazione di ogni regola e oltre un milione di famiglie che vive in condizioni di grave disagio abitativo, non ha una casa e vive in condizioni disumane.

Così veniamo al primo interrogativo: come costruire una nuova idea di città che parta dal concetto di bene comune. In questo caso siamo di fronte a due importanti novità. La prima è il catastrofico fallimento della concezione privatistica della città: è evidente a tutti che le condizioni di vita dei cittadini si sono aggravate perché scompare il welfare urbano e lo stesso trasporto pubblico fa sempre più fatica a soddisfare le esigenze di mobilità dei cittadini. Hanno impoverito la grande maggioranza della popolazione e a partire da questo fallimento dovremmo costruire un soggetto sociale capace di dare una nuova speranza. La seconda novità sta nelle teorie espresse da grandi giuristi come Paolo Maddalena (vicepresidente emerito della Corte Costituzionale) che afferma la supremazia del governo pubblico delle città che deriva dalla carta fondamentale dello Stato. Inizia finalmente a delinearsi una nuova concezione pubblica delle città.

La sfida del prossimo periodo sta nella nostra capacità di saper cogliere le contraddizioni che emergono e costruire consenso su idee nuove. Il fallimento della concezione privatistica delle città è sotto gli occhi di tutti. Non si vede ancora nessuna forza politica o sociale che faccia leva su questo fallimento e crei consenso per altre idee improntate sul concetto di città bene comune. Ma questa assenza deve spingerci ad aumentare la nostra capacità di analisi e di prefigurazione di una società inclusiva. Solo così potremo recuperare il concetto di città e di convivenza civile.

E’ la proprietà pubblica ad essere giuridicamente prevalente rispetto a quella privata e non viceversa come è stato negli ultimi venti anni. Le proprietà immobiliari pubbliche non sono alienabili, dice il giurista, e devono pertanto diventare i contenitori per soddisfare i bisogni sociali della popolazione più povera, a partire dalle abitazioni da destinare a coloro che non ce l’hanno. Le proprietà pubbliche possono dunque diventare i cardini di un nuovo ridisegno urbano che abbia come obiettivo fondamentale quello di soddisfare i bisogni sociali.

Arriviamo così ad un altro punto: come riappropriarci degli spazi pubblici. Dobbiamo solo trovare le risorse economiche per soddisfare i bisogni della popolazione. Anche in questo caso conviene tornare alla storia della città: in ogni periodo storico le classi dirigenti hanno investito grandi risorse per migliorare le città. Oggi ci raccontano che non ci sono risorse e poi vediamo che fiumi di soldi pubblici vengono sperperati in grandi opere inutili e in grandi imbrogli. Dobbiamo ribaltare la concezione del bilancio dello Stato (prendendo a modello il lavoro di Sbilanciamoci) e spendere risorse pubbliche per far diventare migliori le città e per mettere in sicurezza i territori così da scongiurare altri casi uguali alle tragedie vissute da Genova.

Ed infine l’ultima riflessione. Dalla crisi in atto (sette anni ininterrotti) dobbiamo riuscire a far diventare egemone una nuova concezione che metta al primo posto gli interessi collettivi anche di fronte al tentativo in atto di perpetuare le stesse logiche di sempre: nonostante la crisi continuano infatti le stesse politiche che hanno prodotto lo sfascio. Anzi, l’ultimo decreto Sblocca Italia del governo Renzi aumenta il potere dell’economia finanziaria nelle trasformazioni delle città e intende vendere in modo sistematico –attraverso la Cassa depositi e prestiti- le proprietà pubbliche.

La legge Sblocca Italia apre in modo irresponsabile la strada alla finanza speculativa con la diffusione dei  project bond.  Con l’articolo 13 (Misure a favore dei project bond) si regalano sconti fiscali -l’imposizione è al 12,5 invece che al 26%- ma il fatto grave è che si ampliano le categorie di soggetti che possono emettere obbligazioni sul mercato finanziario internazionale per realizzare le opere strategiche alimentando il gioco speculativo senza garanzie economiche reali. Il governo Monti nel 2012 consentiva infatti di derogare dall’obbligo di obbligazioni tramite ipoteca soltanto agli “investitori qualificati”, previsti dalla Consob nel 1999. Il decreto Renzi estende la possibilità di indebitamento anche “alle società e ai soggetti giuridici controllati da investitori qualificati”. Durante la fase di conversione del decreto, in sede di audizione presso il Parlamento, Raffaele Cantone, capo della nuova autorità di controllo sui pubblici appalti, e la Banca d’Italia hanno osservato che l’ampliamento della platea dei soggetti autorizzati ad indebitarsi avrebbe provocato rischi sul piano della normativa riciclaggio. Ciononostante la norma è stata approvata e l’Italia continuerà ad indebitarsi per la realizzazione delle grandi opere inutili.

In uno scenario dominato come noto dalla finanza speculativa, lo Sblocca Italia di Renzi fa entrare in gioco come attore principale la Cassa depositi e prestiti. L’articolo 10 (Disposizioni per il potenziamento dell’operatività di Cassa depositi e prestiti a supporto dell’economia) fornisce infatti un ruolo centrale a quell’istituto alla cui guida c’è quel Franco Bassanini che da ministro di governi di centro sinistra cancellò l’obbligo di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per costruire servizi pubblici. Grazie a quel provvedimento i comuni italiani sono stati lasciati in balia della speculazione edilizia perché l’unica entrata certa per pagare l’erogazione dei servizi pubblici erano le concessioni edilizie.  Franco Bassanini fu nominato nel 2008 dal governo Berlusconi a capo della Cdp. L’allora direttore generale Matteo Del Fante aveva avuto 12 anni  di formazione in JP Morgan, mentre l’amministratore delegato è Giovanni Gorno Tempini, formazione in Banca Intesa e 14 anni passati in JP Morgan. La gigantesca banca privata (la seconda degli Stati Uniti) nell’ottobre 2013 è stata costretta a risarcire il governo Usa per lo scandalo dei mutui subprime del 2007 – 2008 per un importo di 13 miliardi di dollari. La finanza creativa si impadronisce delle città e Cdp –attraverso la sua immobiliare Sgr- sta diventando lo snodo affaristico che svenderà il patrimonio immobiliare dello Stato. L’articolo 26 (Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati) è interamente dedicato alla vendita del patrimonio pubblico.

E’ stata la finanza di rapina a provocare la crisi che sta minando il futuro delle giovani generazioni: lo Sblocca Italia perpetua questo fallimento ed affida al mondo finanziario le città e il patrimonio immobiliare pubblico. Il primo ministro Renzi si è spesso definito nemico dei poteri forti. Gli articoli dello Sblocca Italia sono stati invece scritti proprio dal mondo della finanza liberista, dal cartello di imprese che controlla le grandi opere e dalla speculazione immobiliare, e cioè le lobby che hanno portato l’Italia nella drammatica crisi che viviamo.

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redazione

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