Project financing

Project financing

di Paolo Cacciari

Leggo sempre più spesso di ministri, presidenti e assessori catturati dal fascino del  “project financing“, ma non vorrei che commettessero lo stesso errore che molti di loro fecero con i “derivati”, di cui, peraltro, il PF è uno stretto parente.  La finanza di progetto non possiede alcuna dote miracolosa, non genera alcuna moltiplicazione delle risorse. Anzi. Avviene solo che ciò che un tempo veniva finanziato facendo ricorso alla fiscalità generale, oggi viene anticipato dalle banche e domani sarà ripagato dagli utenti applicando un sovraprezzo comprendente remunerazione del capitale investito, interessi bancari, utili d’impresa, costi di intermediazione e quant’altro. In pratica è un sistema di indebitamento il cui costo differito è a carico di figli e nipoti. Un modo per finanziarizzare l’economia pubblica, dopo quella privata.

Del resto, una comunità politica è libera di scegliere sulla base della visione del mondo prevalente in quella fase storica. Gli Stati Uniti hanno vissuto sopra le proprie possibilità per molti anni e tutto sommato bene. Perché non potremmo farlo anche noi?

Ciò che per onestà andrebbe però messo in evidenza sono le conseguenze che inevitabilmente comporta il contributo di fondi privati provenienti da banche e istituti finanziari, veicolati da società promotrici formate da imprese di costruzione che contano di rientrare nell’investimento tramite i proventi (tariffe, biglietti, pedaggi, ticket, bollette, ecc.)  derivati dalla gestione (in concessione) delle opere e dei servizi pubblici: dalle strade agli ospedali, dai teatri ai parcheggi, dai cimiteri agli impianti sportivi, dagli acquedotti ai treni….

A mio modo di vedere sono almeno due le distorsioni provocate dal ricorso generalizzato al project financing.

La prima riguarda la determinazione delle priorità nella realizzazione delle opere che, di fatto, viene fissata sulla base della maggiore remunerazione finanziaria degli investimenti, non della effettiva utilità sociale. E’ evidente che l’investitore privato sceglierà di realizzare (e gestire) l’opera rivolta ad utenti/clienti più solvibili, che spesso non sono però i più bisognosi (come si è dimostrato dal caso della preferenza accordata da Trenitalia ai treni ad alta velocità rispetto ai treni pendolari).

La seconda riguarda la indiretta privatizzazione dei servizi che avviene attraverso la concessione della gestione delle infrastrutture e servizi indispensabili. Si viene così ad introdurre il principio aziendale della ricerca del massimo guadagno nella erogazione di servizi pubblici e di pubblica utilità, per di più svolti in situazione di “monopolio naturale”, cioè privi di alternative concorrenziali (come nel caso limite di un acquedotto), cioè senza sostanziali rischi per chi ottiene la gestione del servizio.

Insomma, il project financing altro non è che un sistema per far pagare agli utenti la remunerazione dell’investimento. Un’altra ruota di quell’ingranaggio che toglie ai redditi di lavoro e premia le  rendite finanziarie.

(Visited 13 times, 1 visits today)
redazione

redazione

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.