Generazioni future

Generazioni future

di Xavier Vigorelli

In Italia un gruppo di persone che cresce di giorno in giorno si è costituito in comitato e si è lanciato in una grande impresa: raccogliere un milione di firme in sei mesi per una proposta di legge di iniziativa popolare per riformare il nostro codice civile.

Il comitato raccoglie al tempo stesso le sottoscrizioni di azioni ad una originale Società Cooperativa di Mutuo Soccorso tra le generazioni presenti e future.

Di cosa si tratta e chi sono i promotori?

Il testo della proposta di legge è quello elaborato nel 2008 da una commissione parlamentare presieduta da Stefano Rodotà che è rimasto finora nel cassetto. Dopo il crollo del ponte Morandi alcuni partecipanti alla commissione, tra cui Ugo Mattei e Alberto Lucarelli, hanno pensato che fosse giunto il momento di rilanciare il progetto. La storia ci aiuta a capire meglio le reali intenzioni del progetto. Ugo Mattei è tra i giuristi che hanno scritto il quesito referendario per l’acqua pubblica nel 2011. I coetanei di Greta, la ragazza – simbolo della nuova protesta ecologista globale,  non ricordano. Ma solo otto anni fa l’esito dell’impegno politico di migliaia di italiani organizzati nella rete dei comitati per l’acqua è riuscito a vincere la battaglia referendaria con 27 milioni di voti e a bloccare una seconda ondata di privatizzazioni[1].

Oggi la proposta di legge vuole rafforzare e ampliare la tutela a molti altri beni oltre l’acqua per garantire la loro fruizione a vantaggio di tutta la collettività. L’idea di fondo è che i beni che garantiscono i diritti fondamentali delle persone non possono essere gestiti con le regole della proprietà privata. La gestione del privato infatti ha nel suo DNA la massimizzazione del profitto e la tendenza a scaricare sulla collettività presente e futura i costi ambientali e sociali. Il sistema di diritto che si è andato formando dal XVI secolo in avanti (che è confluito nel nostro) ha legittimato la trasformazione dei beni comuni in capitale. Questo andava bene quando il mondo era composto da immense terre vergini e non circolava abbastanza denaro per poter creare infrastrutture e servizi. Da tempo però la situazione si è ribaltata e abbiamo immensi capitali concentrati e beni comuni sofferenti ovunque. Basta pensare allo stato delle nostre acque e dell’aria. Da qui l’esigenza di una riforma del diritto non solo pubblico ma anche privato.

Il testo della legge nello specifico fissa i principi per una riforma del Codice civile che introduce la nuova categoria giuridica dei beni comuni e prevede una riclassificazione dei beni pubblici.

Cosa intende la legge proposta per beni comuni? Una lista di esempi può chiarire: l’acqua, l’aria, i parchi, le zone montane di alta quota, le coste ma anche beni archeologici e culturali. Sta scritto nella proposta di legge al comma 3 che deve sempre “essere garantita la loro fruizione collettiva” e che questi beni “devono essere salvaguardati dall’ordinamento giuridico anche a beneficio delle generazioni future”.

Quest’ultimo principio sarebbe scritto per la prima volta nel Codice e sarebbe di particolare portata perché, in potenza, è uno strumento in mano ai giudici per interpretare secondo principi ecologici tutto il corpus di leggi già esistenti.

I beni pubblici sarebbero riclassificati secondo la loro funzione per permettere al tempo stesso di ottimizzarne la gestione. La categoria dei beni pubblici demaniali infatti non garantisce a sufficienza dal pericolo di privatizzazione. Oggi i beni demaniali possono venire sdemanializzati e venduti ai privati con un semplice atto amministrativo, cosa che accade infatti di frequente. La proposta prevede di riclassificare i beni pubblici a seconda della loro funzione in:

[1] Pochi sono a conoscenza che la Corte Costituzionale con la sentenza del 20 luglio 2012 bocciò il tentativo di “privatizzazione” inserito nella manovra di Ferragosto del governo Berlusconi del 2011, che sarebbe costato a noi tutti la svendita di circa 250 miliardi di beni e servizi pubblici

beni ad appartenenza pubblica necessaria come ad esempio le opere destinate alla difesa, le reti stradali e ferroviarie, lo spettro delle frequenze, gli acquedotti, i porti e aeroporti di rilevanza nazionale.

beni pubblici sociali come ospedali, scuole, edilizia residenziale pubblica.

beni pubblici fruttiferi, come ad esempio le società pubbliche, che possono essere vendute solo a precise condizioni e comunque non per far fronte alle spese correnti ma per investimenti più idonei alle mutate condizioni economiche.

Chi vuole approfondire può consultare il breve testo della legge scritto in un linguaggio chiaro e accessibile al link www.benipubbliciecomuni.it.

In questi mesi di raccolta firme sarà possibile proporre miglioramenti del testo in vista dell’iter parlamentare che seguirà.

La proposta non si ferma però alla legge di iniziativa popolare perché qualsiasi iniziativa popolare ha bisogno di essere supportata con continuità sia sul versante organizzativo che economico e culturale.

Per questo la campagna è stata lanciata con lo slogan “2 firme per i beni comuni”, perché chi vuole può sottoscrivere un’azione (o una frazione di azione) della Società Cooperativa di Mutuo Soccorso “Stefano Rodotà”, costituita dal Comitato come una rete ad azionariato diffuso per le generazioni presenti e future, con il versamento anche solo di un euro. L’idea nasce dalla presa d’atto delle difficoltà che la democrazia rappresentativa sta sperimentando in tutto il mondo e vuole dotare la società civile di una piattaforma permanente per unire lotte e territori e per sostenere iniziative di democrazia diretta.

Non solo proposte di legge e referendum ma anche iniziative legali per difendere le comunità dagli attacchi delle grandi corporations: Delfina (dal simbolo che la caratterizza) è il soggetto che rende ciascuno di noi protagonista di una istituzione per l’esercizio della sovranità popolare.

Il successo di queste iniziative dipenderà dal coinvolgimento di ogni cittadino e cittadina che vive oramai i beni comuni come una categoria del proprio essere.

Sul sito nazionale e sui social potete trovare gli eventi e le sedi dove si può firmare.

Invitiamo tutti coloro che condividono le ragioni e gli obiettivi del Comitato Rodotà a dare la propria disponibilità contattando i riferimenti nazionali e locali.

www.benipubbliciecomuni.it / benicomunisovrani@gmail.com

 

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redazione

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