Impatto sulla salute da impianti d’incenerimento Rsu e derivati (CDR)

di Marco Rivieri

Prima di scendere nel dettaglio dei dati che abbiamo sui rischi per la salute degli inceneritori di RSU e sulla co-combustione di CDR ( evenienze che sono state prese entrambe in considerazione anche per la provincia di La Spezia e che non sono ancora state fugate definitivamente) ci preme sottolineare che al centro di ogni questione legata all’impatto sulla salute di qualsiasi emissione di combusti volatili dobbiamo innanzitutto porre questioni legate alle metodologie di rilevamento degli inquinanti e degli indicatori di impatto utilizzati.

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Per riassumere brevemente i dati sugli inquinanti in oggetto ricordiamo che le categorie normate o da normare per quanto riguarda precisi limiti nelle emissioni a camino o nell’aria analizzata nelle centraline apposite sono , oltre agli inquinanti classici comprendenti metalli pesanti e IPA (idrocarburi policiclici aromatici), le diossine e PCB, il Particolato fine e ultrafine, e i POPs (persistent organic pollutants).

Classificazione di alcuni inquinanti emessi da inceneritori e loro effetti sanitari

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Sulle diossine e PCB dobbiamo innanzitutto ricordare come l’assunzione nell’uomo avviene per il 95% attraverso la catena alimentare: queste sostanze sono fortemente liposolubili , si accumulano e permangono lungamente quindi nel tessuto adiposo ed in cibi quali carne, pesce, latte e derivati. La maggior concentrazione si ritrova ahimè nel latte materno e nei neonati ( fino a 60-70 volte la dose/kg tollerata per l’adulto! ). Anche nei terreni contaminati per ricaduta, i tempi di emivita sono lunghissimi.

Tempi di Persistenza delle Diossine
Emivita nel tessuto adiposo umano 7-12 anni
Emivita sulla superficie del suolo 9-15 anni
Emivita sotto la superficie del suolo 25-100 anni

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Sulle micropolveri, sono le più sottili (PM 2.5 e PM 1) quelle maggiormente patogene, in quanto sia i metalli pesanti che gli isotopi radioattivi che gli IPA, di cui sono composte, interagiscono tra tab11loro in atmosfera, a contatto con i raggi solari ed il vapor acqueo, formando migliaia di nuove sostanze potenzialmente tossiche, di cui si presume se ne conosca appena il 10%. Più è alto il camino e più sono sottili le polveri, più le ricadute al suolo coinvolgono aree anche distanti dalla fonte di emissione.
Infine sui POPs, che comprendono diossine, PCB, arsenico e mercurio dobbiamo sottolineare quanto il loro effetto dannoso sia legato ai fenomeni di bioaccumulo e bioamplificazione: le migliaia di sostanze cioè sviluppano i loro effetti sommando e moltiplicando la loro azione nel tempo.
E’ evidente, per tali motivi, che le rilevazioni fatte a camino o nelle centraline per tali sostanze, se ne chiariscono la portata per una valutazione di impatto ambientale (VIA) sono del tutto inadeguate
per valutarne l’impatto sanitario(VIS).
Sul piano della VIA va riconosciuto che il monitoraggio al camino delle singole emissioni, fatto sempre più frequentemente “in continuo”, ci fornisce dati sulle emissioni totali più precise rispetto al passato, si veda ad esempio come questo rileva l’aumento delle diossine totali annue in caso di incenerimento di CDR nella centrale a carbone di Fusina.

Per le rilevazione nell’aria al suolo con centraline bisogna invece tristemente ricordare come vengano spesso cercate solamente le PM 10, magari per qualche ora o giorno all’anno, come siano consentiti sforamenti dei limiti e come le normative siano ancora confuse nel dare valori di riferimento per le PM 2.5 o appena accennate per i POPs.
Per ciò che poi concerne la VIS, dobbiamo assolutamente chiarire che – quando si parla e si vogliano portare dati globali di impatto sulla salute per tali impianti – occorre prendere in considerazione

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esclusivamente e assolutamente i marcatori biologici ( biodiversità licheniche, controlli nei vegetali, nei cibi e nei mangimi, negli animali e derivati, latte, uova ecc) e ancor di più vanno prodotti, richiesti e forniti dati epidemiologici rilevati su mortalità o incidenza di patologie riferiti a Coorti di Residenti, correlati sia ai livelli di concentrazione nell’aria dei vari inquinanti sia alla distribuzione geografica rispetto agli impianti e alle correnti presenti sul territorio. Ecco che allora i danni diventano chiari e incontrovertibili (come mostrano gli esempi sottostanti).

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redazione

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Un pensiero su “Impatto sulla salute da impianti d’incenerimento Rsu e derivati (CDR)

  1. purtroppo non ci fanno sapere la verità su questi dati, la gente non sa e molti credono che non ci sia alternativa agli inceneritori (che loro consocono come termovalorizzatori).

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