Riflessioni dal tetto del Comune di Porto Venere

Riflessioni dal tetto del Comune di Porto Venere

di Saul Carassale

22 maggio. Verso le otto e trenta, dopo un doveroso caffè, prendo l’ascensore (dall’ingresso garage, come è mia abitudine fare) del comune di Porto Venere, per portarmi al terrazzo sito all’ultimo piano dell’edificio, proprio sopra l’ufficio tecnico, un maltenuto calpestabile affollato di erbacce e pannelli solari.
Sono armato di cavalletto e videocamera, per riprendere (è il mio lavoro) un evento in qualche modo storico per questo territorio. L’abbattimento di quella fatiscente struttura in cemento armato conosciuta nel tempo come “scheletrone” della Palmaria.

Questa volta però non è solamente “un lavoro”, il territorio in questione è anche il “mio” territorio, in questo comune vivo infatti da quando sono nato.
L’esplosione è prevista per le dieci, ho un’ora abbondante per sistemarmi nel modo migliore, per osservare quanto sta avvenendo sotto di me e per  riflettere un po’…..
In mare si stanno ultimando i “posizionamenti” delle unità che sorvegliano il canale tra isola e borgo, a breve arriverà il vaporetto Albatros I con le autorità invitate (cavolo! è lo stesso Albatros realizzato a Cadimare, che fu “show boat” per la società In.tur?! come è diventato brutto……) e un discreto numero di persone, in gran parte dotate di “strumenti foto-cine-video” si sta sistemando sulle banchine di Porto Venere.

Si notano anche i volontari della protezione civile, nella spiaggetta prospiciente la struttura, tutto sembra pronto insomma. Guardo verso l’isola.

“Chissà se mi mancherà” penso, quelli della mia generazione in fondo sono nati con quella struttura (rudere lo divenne in seguito) l’hanno sempre vista, ne hanno metabolizzato la presenza, ma poi mi rassicuro…. No, non credo che mi mancherà molto.

Continuo ad osservare, cerco di riflettere su come sia cambiato questo comune dall’estate 1968 (l’anno del rilascio della prima concessione) ad oggi, e come, quasi a sberleffo, quell’area e la palazzata del borgo, siano rimaste le uniche pressoché immutate.

La gente si affolla sul molo del porticciolo (sul molo….. ma c’era già quel rialzo del molo Dondero nel 1968?  “Si, forse sì, è coetaneo della passeggiata a mare” mi pare di ricordare.. oneri di urbanizzazione Snam …. Acc!, non c’ero, non posso ricordare). Sono quasi le dieci.

Osservo alcune persone su un balcone del palazzo laterale a noi, ultimato assieme al recupero dell’antico convento, già comune e scuola elementare, ed ora hotel, e provo un po’ d’invida… Il loro punto di vista è leggermente migliore del mio, e pure la qualità estetica del fabbricato mi sembra migliore di quella del municipio che mi ospita, pure lui, piuttosto recente…. Sono le 10.
Una piccola colonna di polvere e fumo in concomitanza di ogni colonna della struttura anticipa di qualche secondo un forte boato, una nube bianca copre tutto, scivola lentamente e per fortuna non verso di noi.

Dopo un paio di minuti il reticolo nefasto non c’è più, giace afflosciato in avanti solaio sopra solaio. Sono quasi deluso, irrazionalmente mi aspettavo una “scomparsa totale” della struttura. Ma questo, era evidentemente, impossibile.

Sul vaporetto degli ospiti i sorrisi si sprecano, il mostro non c’è più, le cose brutte non ci sono più, la Palmaria è libera.

Anch’ io, è bene precisarlo, sono contento, lo scheletrone non era un abuso, ma una scelta urbanistica “inopportuna”si.

Realizziamo le interviste, raccogliamo alcune marginali polemiche sui costi di abbattimento o sull’iter burocratico seguito (ma nessuno dice se il problema fosse la presenza o meno di una costruzione così grande in Palmaria) qualcuno riesuma la possibilità di parziale recuperò del progetto Kippar (questa me la ricordo bene.. “elegante urbanizzazione” venne sarcasticamente definito da un rappresentate di una associazione, palesemente contrario,  durante la presentazione al pubblico)  ma l’atmosfera è comunque quella della “bella giornata”
Rientro verso Spezia, non posso fare a meno di osservare tutte le costruzioni che dal 1968 ad oggi sono state realizzate nella parte nuova del paese, Ulivo, Sant’Antonio, Vespa, ma anche le piccole modifiche, i garage interrati, i muri finto-a secco, allargamenti e raddrizzamenti stradali, aree sosta…..

Lo scheletrone non c’è più, ma ci ha insegnato qualcosa?

Non osservo più, penso, e sono pure a disagio, non credo infatti di aver collaborato alla corretta preservazione di questo speciale borgo in maniera diversa da quasi tutti i miei compaesani, spesso distratti e sicuramente in diminuzione (in controtendenza la “patrimonio immobiliare”, che cresce) prendo atto, le cose belle si notano solo quando non ci sono più.
Guardo la baia di Santa Maria, quasi identica a come la vedevo da bambino, e mi viene un pensiero assai prosaico,“dovrò chiedere l’autorizzazione a fare delle riprese, un giorno o l’altro, prima che cambi tutto” non lo dico a nessuno, ma a volte ho paura che gli “scheletroni” non siano affatto finiti

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redazione

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2 pensieri su “Riflessioni dal tetto del Comune di Porto Venere

  1. Mi permetto di segnalare a Saul Carassale alcuni luoghi dove fare riprese “prima che cambi tutto”: area a fianco al cimitero del Fezzano, zona tra Siberia e il Dazio sopra areonautica, la stessa Areonautica, sempre al Fezzano area sopra il distributore, la Fornace alle Grazie (se poi ha vecchie foto o riprese può essere interessante confrontare con quelle il livello attuale del materiale depositato). Consiglio anche qualche ripresa alle Grazie alla Valle degli Orbi, non si sa mai ci facessero un pensierino, così come alla collina sopra il Varignano vecchio e la Villa Romana (parte verso Porto Venere). Su Porto Venere che dire, ogni inquadratura è buona. Come è stato detto in un recente Consiglio Comunale “l’unica ricchezza di Porto Venere è il territorio e bisogna imparare a farlo fruttare”.
    Anche sulla Palmaria poi si addensano nubi che riusciranno a far sembrare lo Scheletrone una puzzetta.
    Auguro sinceramente a Carassale di avere la costanza, la forza e a volte anche lo stomaco per continuare a riprendere e fotografare. La memoria è importante.

  2. leggo ora per la prima volta a distanza di un anno l’articolo “Porto Venere dal tetto del comune”del 18-6-09.
    Alcune considerazioni a posteriori si impongono ,per contrastare l’etichetta di “partito del no” con la quale si demonizza qualunque opinione che ponga un freno ad una brutale commercializzazione del territorio.
    I lavori in corso sulla Palmaria stanno sempre più rivelandosi opere di urbanizzazione e di viabilità carrabile
    in un Parco Regionale dove è prevista (non potrebbe essere diversamente),esclusivamente un uso pedonale.
    Si è già cercato di giustificare una viabilità carrabile per esigenze tecniche:antincendio e soccorso medico,
    Entrambe le motivazioni sono assolutamente strumentali,infatti per quanto riguarda gli incendi le scelte attuali
    sono sempre a favore del mezzo aereo;per il soccorso medico non mi augurerei di essere trasportato in auto sull’isola sino al lontano punto di imbarco ed essere poi caricato su battelli ed ambulanze per raggiungere La Spezia,mi augurerei se fossi sulla costa di essere imbarcato lì dal battello della Guardia costiera e raggiungere
    direttamente La Spezia.
    Peraltro anche nello studio di fattibilità del progetto dei lavori sull’isola il prof Mariotti ha ripetutamente sottolineato come i lavori previsti tendevano a migliorare la fruibilità del Parco ma non a mantenerlo:segnalava
    ciioè che è inutile far andare più gente in un sito naturale se previamente non si è provveduto a conservarne
    il patrimonio naturale.Se il progetto Kippar ,come vorrebbe rassicurare il sindaco,non vuol creare una viabilità
    carrabile perchè tra Punta del secco ed Punta Beffettuccio si creata dal nulla una strada con carreggiata di
    due metri e cinquanta ben delimitata(per garantire la sezione uniforme) da un nuovo muretto.I disegni in
    scala del progetto descrivono ben più ridotte dimensioni!Se il timore dell’uso improprio del nuovo percorso creato
    fosse solo una ubbia di ambientalisti malpensanti,perchè al Terrizzo è stata limitata la carreggiata con un palo?
    Per garantire il solo passaggio pedonale sarebbe bastato mantenere il dislivello tra la banchina ed il bagnasiuga,
    che il pedone supera con i gradini, ma l’auto no.Sempre Mariotti nel documento allegato al progetto Kippar mette
    in guardia dal rischio di sostituire ad un ecomostro un altro mostro.Gli uffici del Comune che sono il l”soggetto
    attuatore” hanno vigilato su quanto viene realmente realizzato?

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