L’Europa e la crisi: verso le elezioni

L’Europa e la crisi: verso le elezioni

di Maria Rosa Zerega

Sono passati sei anni dall’inizio della crisi;  una crisi che si è manifestata con povertà e disuguaglianza, che ha ingrossato le fila dei senza lavoro, che ha smantellato i diritti dei lavoratori, che compromette il futuro dei giovani, che mina alle fondamenta le Costituzioni democratiche, che alimenta regressione culturale e rigurgiti nazionalistici.

L’euro, la cui solidità ha destato tante preoccupazioni, essendo una moneta senza governo, senza politiche finanziarie e quindi sradicata, è stato messo in sicurezza dalla speculazione con il Fondo Salva Stati.

Sono intervenuti trattati integrativi, fuori dal controllo del Parlamento europeo, per imporre politiche di austerità e per salvare le banche degli Stati. Le banche, una volta salvate, hanno continuato la loro politica finanziaria ( es. titoli tossici ) .

La Grecia è stata usata come paese-cavia: la bilancia dei pagamenti è risanata, il trattamento deflazionistico ha immiserito il paese e si è gonfiato un partito nazista, Alba Dorata.

Le bilance di pagamento sono tornate in pareggio: l’intervento è riuscito anche se il paziente è stramazzato. A pagare sono stati i cittadini che hanno visto diminuire i loro risparmi.

Se la crisi è paragonabile a una peste, se sconvolge costituzioni e democrazia, se secerne rabbie profonde, non bastano più i piccoli progressi di cui si felicitano i governanti.

Esemplare è l’Unione Bancaria concordata  il 18 dicembre a Bruxelles dai leader europei.  E’ stata descritta come un “ risultato storico”, ma l’unione delle banche vedrà la luce solo fra 10 anni, come se la crisi non esistesse già adesso, e le somme che saranno allora a disposizione delle banche in difficoltà sono ridicole.

Il piano prevede la creazione di un fondo unico di risoluzione (Srf) da 55 miliardi di euro in dieci anni, che servirà al sistema bancario per rifinanziare gli istituti europei in crisi. Il fondo Srf, dopo una fase transitoria che comincerà il 1 gennaio 2015, sarà a regime dal 2025.

Le politiche di austerità hanno portato alla crisi e alla protesta sociale. Il numero dei disoccupati dell’UE è salito a 26 milioni.

L’Europa viene percepita dai cittadini come ostile: taglia i fondi, chiede austerità, salva le banche.

Allora i cittadini disillusi dicono  che il Parlamento di Strasburgo non conta nulla, che l’Unione e l’Euro sono stati un fiasco e desiderano riprendersi la sovranità monetaria. La sfiducia ormai coinvolge tutte le istituzioni, da quelle locali a quelle europee, e i partiti. Siamo alla crisi della democrazia.

Con il Neoliberismo abbiamo avuto da un lato la crisi economica, dall’altro la competizione. La reazione al neoliberismo è il populismo delle piccole patrie, con conseguente intenzione di chiudersi  nei propri confini e di uscire dall’euro. E’ venuto a mancare il concetto di solidarietà e l’attenzione ai bisogni dei cittadini  è scomparsa dal dibattito politico.

Per salvare l’Europa bisogna riportare al centro del dibattito i temi della politica, i temi  del welfare, con il diritto al reddito di cittadinanza, i temi dell’economia, del sindacalismo,…

L’Unione Europea in questi anni è risultata anche assente nei confronti delle crisi politiche dell’Europa orientale, dalla rivolta in Ucraina, ha abbandonato la Siria, non ha mostrato interesse all’evoluzione politica e alle situazioni emergenti sulle sponde meridionali del Mediterraneo (Primavera araba…).

A maggio si voterà per il nuovo Parlamento dell’Unione Europea e non sappiamo come si comporteranno i cittadini europei, e in particolare italiani, se diserteranno le urne o si interesseranno ai loro rappresentanti.

La lotta non è fra europeisti e antieuropeisti, è tra chi si compiace in pigri rinvii, chi fugge e chi vuole ristrutturare l’Unione disunita.

A questo punto è necessario cambiare radicalmente e subito le regole che sostengono l’Unione: accanto alla sovranità degli Stati si deve porre una sovranità europea effettiva, solidale, federale, dotata di una banca centrale. E’ urgente un’inversione di tendenza che affidi alle istituzioni nazionali e comunitarie il compito di realizzare politiche espansive e alla Banca centrale europea una funzione prioritaria di stimolo alla crescita.

In questi anni abbiamo capito che l’Europa, così com’è, e forse le democrazie non sono attrezzate per pensare e affrontare le crisi, se per crisi s’intende non un’effimera rottura di continuità, ma un punto di svolta, un’occasione che ci trasforma. Crisi simili sono temute, perché minano oligarchie dominanti e ricette fondate su vecchie nozioni di Pil, oggi molto contestate.

Le elezioni di maggio possono essere viste come una opportunità da cogliere, perché si può lavorare  su alcuni obiettivi significativi.

Innanzi tutto per la prima volta si possono formare partiti europei. Nelle tornate precedenti i partiti erano nazionali, alla fine si formava il Parlamento con una somma di parlamentari eletti nelle varie nazioni. Ora ai cittadini viene riconosciuto un nuovo diritto: votando uno schieramento europeo, si può scegliere il candidato alla Presidenza della Commissione.

Se il sistema dei partiti diventa europeo e il presidente della Commissione è eletto direttamente dai cittadini, anche il potere decisionale si sposta a livello europeo e saremo più vicini alla possibilità di formare una vera federazione.

E’ attualmente impensabile  poter risolvere a livello nazionale il problema della disoccupazione e dello sviluppo economico . Gli Stati sono indebitati e hanno difficoltà a risolvere i propri problemi.  Per affrontare il problema a livello europeo è stato presentato un Piano europeo straordinario per lo sviluppo sostenibile e l’occupazione. Si tratta di una ICE, ( Iniziativa dei Cittadini Europei ) che comporta un poderoso movimento dalla base, è uno strumento di democrazia partecipativa sovranazionale. Infatti da maggio inizierà la raccolta  di un milione di firme in almeno 7 paesi europei. Si tratta di una specie di Piano Marshal per la conversione dell’economia , infatti viene chiamato  New deal for Europe.

Il Piano straordinario prevede interventi di trasformazione nei campi delle energie rinnovabili, della ricerca, dell’innovazione, delle reti infrastrutturali, nell’agricoltura, nell’ecologia, nella protezione dell’ambiente e del patrimonio culturale.

Il finanziamento del poderoso progetto potrà avvenire attraverso la tassa sulle rendite finanziarie, la carbon tax e l’emissione dei Projet Bonds. Si tratta di un modo diverso di pensare alla tassazione: non a gravare sui cittadini, ma su chi specula e inquina.

Un’altra occasione che ci possono offrire le elezioni di maggio è quella di far assumere all’Europa una dimensione politica e non solo economica. Ripartendo dai principi del Manifesto di Ventotene, ci si può muovere verso una assemblea costituente, che abbia il compito di riformare le istituzioni e attuare il federalismo europeo. Può essere lo stesso parlamento europeo eletto che si assume il ruolo costituente e gli eletti diventano legislatori costituenti. Solo così, trasformando le istituzioni, si potrà recuperare sovranità a livello europeo.

Gli Stati nazionali spesso pretendono di avere ancora sovranità, si appigliano al mito della sovranità nazionale da rivendicare e non cedere all’Europa, ma in realtà l’hanno perduta da tempo. Dal 1945 gli Stati europei non sono stati sovrani. Il loro regime politico ed economico è stato definito dall’arrivo dei carri armati americani o sovietici. Gli Stati europei occidentali hanno avuto in sorte un regime democratico e un’economia di mercato, quelli orientali un regime comunista e un’economia pianificata. Nessuno ha avuto una vera e propria possibilità di scelta, infatti Luigi Einaudi diceva “gli Stati nazionali sono ormai polvere senza sostanza”.

Grazie all’unificazione europea, cioè alla messa in comune di una sovranità nazionale fittizia mediante istituzioni sovranazionali, i cittadini e gli Stati europei hanno recuperato margini di manovra e d’azione in termini economici e politici. In tempi di globalizzazione in cui i soggetti principali sono Stati di dimensione continentale, l’idea della sovranità nazionale degli staterelli europei è solo un mito pericoloso.

L’alternativa, oggi, non è fra cedere sovranità all’Europa o riportarla a livello nazionale, ma tra recuperare sovranità attraverso l’Unione Europea o diventare irrilevanti sul piano mondiale e  rimanere incapaci di affrontare una crisi che solo a livello europeo può trovare soluzioni strutturali efficaci.

 

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redazione

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