L’insostenibile pesantezza del muoversi

L’insostenibile pesantezza del muoversi

di William Domenichini

>“La stupidità deriva dall’avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall’avere, per ogni cosa, una domanda”. Trovarsi nei Paesi Bassi e pensare a ciò che accade in Italia significa porsi decine di domande, ancor più frustranti ed assenti risposte. Perché nei Paesi Bassi si ha diritto ad un reddito di cittadinanza accompagnato da percorsi di ricerca attiva del lavoro, si possono detrarre gli interessi dei mutui sull’acquisto della casa, si hanno incentivi di relocation per chi porta know-out nel paese, vengono riconosciuti realmente i diritti fondamentali della persona, a prescindere da sesso, religione, nazionalità, colore della pelle o età, si occupano spazi privati non utilizzati senza temere sgomberi, i processi amministrativi sono chiari, trasparenti, inappuntabili, ecc, ecc., ecc. Ma limitiamo il campo dell’osservazione per evitare di sprofondare nella depressione tricolore.

Ci sono cose che saltano agli occhi in modo quasi traumatico. Atterrati all’aeroporto di Eindhoven si cerca un autobus per raggiungere la stazione ferroviaria. I tempi di attesa sono sotto l’ordine nemmeno del consumo di una sigaretta, ed una colonnina automatica consente di trovare rapidamente il ticket per venire incontro a chi non utilizza giornalmente i mezzi pubblici. Tant’è che chi vive e lavora nei Paesi Bassi usa una OV-chipkaart (Openbaarvervoerchipkaart ossia “public transport chip card”), la versione neerlandese della Oystercard londinese, ma estesa a tutto il paese dei mulini a vento, una ricaricabile che viene passata all’ingresso ed all’uscita dai mezzi.

Alla stazione centrale di Eindhoven il triste ricordo delle nostre stazioni ferroviarie è subissato da un’organizzazione europea. Chi non ha l’OV-chipkaart trova disponibile decine di casse automatiche, rigorosamente bilingue (dutch, english) ed il pagamento è possibile solo con carta/bancomat, giusto per limitare la circolazione di moneta. Chi opta per il contante deve rivolgersi alle casse, ma con una sovrattassa, giusto per incentivare l’uso delle carte, grazie alle quali è più semplice controllare le spese dal punto di vista fiscale e per dimostrare le spese da detrarre.

Partire da Eindhoven alle 10.32, significa che le porte delle carrozze si apriranno alle 10.30 e per l’orario stabilito si parte. Si percorrono i circa 90 km che dividono l’industriale città della provincia Bramante con Utrecht, controllando il monitor della carrozza, dotata di wi-fi, in cui scorrono le stazioni di scalo, gli orari di arrivo e di partenza. Ne controllo qualcuna giusto per confermare la sensazione di precisione. Salgono e scendono manager, studenti, lavoratori ed il ricordo va al treno che mi ha condotto dalla stazione ferroviaria di Sarzana a Pisa Centrale, partito alle 6.41 già con un ritardo di 10 minuti, sufficiente a far perdere la coincidenza per Pisa-Aeroporto, con molti pendolari già inferociti, qualche studente. Alle 11:22 il treno arriva ad Utrecht Centraal. Si scende e ci si rendo conto che li il mondo si muove in un altro modo, con altre velocità, sostenibile. Coprire la distanza che separa Utrecht con Nieuwegein, circa 10 km, è una bazzecola grazie al servizio metro.

Tutto questo è struttura, ma c’è qualcosa di più profondo che mi fa pensare che l’efficienza non sta solo nella capacità di gestire il “sistema”. Gli incredibili parcheggi per biciclette nelle stazioni olandesi, l’onnipresenza di piste ciclabili e di biciclette, legate ad ogni palo, ad ogni rastrelliera, disperse ovunque segnano il passo culturale e sostenibile di un paese che ha dei riscontri concreti. Secondo la Commissione europea, 16 milioni di biciclette fanno dei Paesi Bassi il paese dell’UE con più due ruote per abitanti (1010 contro i 440 dell’Italia) e con maggior numero di km percorsi all’anno per abitante (ogni olandese percorre mediamente 1019 km all’anno contro i 168 italiani), il secondo posto per incidenza di piste ciclabili con 56,8 km per 1000 km². Ecco che il 68% degli olandesi usano giornalmente le due ruote (in Italia solo il 13,8%), ritenute evidentemente più comode anche di una rete di servizi pubblici efficientissimo.

Dalla fine degli anni ’70, nei Paesi Bassi, nacque l’idea del woonerf, un’area condivisa, una strada con ampi marciapiedi e cartelli segnaletici facilitatori, attraversamenti pedonali rialzati e rotatorie dove pedoni e ciclisti hanno la precedenza e le auto devono rispettare limiti di velocità molto rigidi. L’idea è stata adottata anche nei paesi scandinavi, in Francia, Regno Unito, Germania e solo in alcune località italiane. Nei Paesi Bassi gli incidenti mortali sulle strade sono circa 1000/annui (68 ogni milione), in Italia 6.633/annui (115 ogni milione).

Non scomodiamo temi complessi ed articolati come l’intermodalità, anche perché se dovessi fare paragoni tra città portuali significative come Rotterdam (oltre 300 milioni di tonnellate movimentate, oltre 6 milioni di teu) e per esempio Genova (circa 50 milioni di tonnellate movimentate, 1.5 milioni di teu) sono empiricamente evidenti le differenze in sistema di gestione logistico, incidenza del traffico merci sulla città e qualità della vita.

Limitandosi a ciò che significa spostarsi per piacere, per viaggiare, per andare a trovare parenti e amici, per lavorare, nei Paesi Bassi è subito evidente che l’uso dell’auto privata è disincentivato. Se le autostrade sono completamente gratuite, estremamente efficienti, ben progettate sia sotto il profilo infrastrutturale (illuminazioni, uscite/entrate, numero di corsie, aree di sosta) che sotto il profilo tecnico (geometrie dei tracciati), chi possiede l’auto paga tasse di proprietà assai onerose e le sanzioni del codice della strada sono un deterrente molto efficacie.

Sarà un caso che ad Amsterdam, una delle città migliori per chi va in bicicletta, il parcheggio per un auto costa 5,5 /ora? Sarà un caso che nei Paesi Bassi si danno incentivi per la rottamazione delle biciclette e non delle auto? Sarà un caso che nei Paesi Bassi i cantieri pubblici fioriscono, riammodernando le stazioni ferroviarie (Rotterdam, Amsterdam, Utrecht, Den Haag, ecc) o si provveder all’adeguamento delle connessioni ciclabili in un momento di crisi economica globale?

Si torna ad Eindhoven, si arriva a Pisa e trovi un autobus completamente vuoto che ti condurrà alla stazione centrale che la lungimirante amministrazione Filippeschi vorrebbe sostituire con il “People mover”, un progetto di metro di superficie, 82 milioni per 1,6 km e 3 fermate. Torni alla Spezia e ti ritrovi in un percorso vita fatto di piste ciclabili fatiscenti e strade percorse da enormi SUV che tendono a impadronirsi della carreggiata e per i quali occorrerebbe prendere in prestito 5 regole (Internazionale n°18 – 24 febbraio 2011):

    1. Certo che puoi comprarti un SUV. Ma solo se abiti a ovest del Mississippi.
    2. Ci sono modi meno inquinanti per sentirsi a un metro da terra.
    3. Non calpestare le altre macchine.
    4. Via quegli occhiali da sole e la faccia da commando: non sei su un carro armato.
    5. L’hai preso con i vetri oscurati? Hai voglia di privacy o ti vergogni.

Italia e Paesi Bassi sono nella medesima comunità, ma su due emisferi diversi, la prima incivile governata da inciviltà, la seconda civica governata cum grano salis, in un paese che ospita tanti cervelli italiani, esuli, perché nel loro paese le loro competenze non vengono valorizzate, mentre pare siano molto utili nei paesi che investono in ricerca. Appunti per il nuovo governo.

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William Domenichini

William Domenichini

Nato alla Spezia nel 1978, è dipendente di azienda. Coordinatore della redazione di InformAzione Sostenibile, da anni coltiva la passione per la scrittura,, contribuendo anche ad altre appzine come L’Indro, Manifesti(amo) e DemocraziaKm0. Coautore del libro/dossier sugli abbandoni delle aree militari “Riconversioni urbane” (!Rebeldia Edizioni), ha pubblicato nel 2018 il romanzo partigiano "Fulmine è oltre il ponte" (Ed. Marotta&Cafiero)..

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