La Liguria che vorrei

di Manuela Cappello

 

Nel mese di febbraio 2015 è uscito un nuovo libro scritto da Don Farinella ed altri 13 autori, tra cui la sottoscritta, dal titolo “L’Italia che vorrei. Ripartire dalla Liguria” (ed. Gabrielli editori).

Gli autori hanno formazione ed estrazione sociale differente, uniti dal sentimento di disagio di fronte allo stallo politico della nostra regione e dalla responsabilità di non limitarsi ad osservare e criticare, ma diventare parte attiva del cambiamento che vorremmo.

Il testo è il frutto di riflessioni fatte sui temi di governo della Regione e vuole essere sia fonte di informazione che da sprono per  cittadini e politici che si candideranno a governare la regione.

Per i cittadini, affinchè non si limitino a “mugugnare”, ma diventino parte consapevole e  attiva del cambiamento che vorremmo, per i politici, affinchè si rendano conto che è l’ora di cambiare paradigma e di “pulire” la politica.

Tralasciando di approfondire l’aspetto, fondamentale, della necessità di persone serie, oneste e competenti, cambiare paradigma significa avere un approccio e una mentalità non allineate alle logiche dell’economia lineare che va a braccetto con le peggiori logiche di mercato, in cui oggi siamo immersi; questa economia ha portato il nostro paese ad una maggiore povertà, ad una maggiore disoccupazione, ad una minore sicurezza sia idrogeologica che sociale, ad un sempre maggiore consumo di risorse naturali con relativi aumenti di costi economici esterni, che non vengono contabilizzati nei costi reali, che continueranno a crescere e che inevitabilmente ricadono sui cittadini.

Il concetto di economia lineare (“dalla culla alla tomba”) deve essere superato da quello di “economia circolare” (“dalla culla alla culla”) che si basa sulla rigenerazione dei prodotti, il loro recupero per usi successivi, sull’ incentivazione alla condivisione (già internet, l’energia, le auto si possono condividere) e quindi allo sviluppo di attività del settore terziario (servizi).

In questo modo  i prodotti hanno più vite, non vi è necessità di sfruttamento di nuove risorse naturali, si riducono i costi esterni correlati, come i costi di smaltimento, con vantaggi per le imprese (minori costi), riduzione del livello di volatilità dei prezzi, aumento dei tassi di innovazione, occupazione, produttività del capitale ed aumenterebbe la “resilienza” del sistema: la capacità di reagire a shock di ogni tipo (fettori geo-politici, climatici, ecc..).[1]

 Si svilupperebbe così un’economia sana e sostenibile.

Questo processo non può essere avviato se non con una visione sistemica, un approccio trasversale e un obiettivo alto e chiaro, affrontando le problematiche come un tutt’uno e non separatamente come singoli fattori emergenziali (povertà, lavoro, territorio, rifiuti, ecc…).

Partendo da questo presupposto, il libro è strutturato con una parte generale di principi e fondamenti, di Costituzione, di Legalità, Cultura e di Modello di società, e una parte più specifica su temi tipicamente regionali (sanità, territorio, politica energetica, lavoro, sociale, infrastrutture, servizi pubblici, partecipazione, turismo, legalità).

L’approccio dato è appunto la trasversalità degli argomenti, sempre strettamente correlati; abbiamo fatto un’analisi dello stato dell’arte e elaborato delle linee di indirizzo, talvolta più specifiche, altre volte più generali.

A titolo esemplificativo:

-Nell’ambito della sanità, sosteniamo che i tagli possono essere utili solo se si traducono in investimenti per rivoluzionare il modello organizzativo, che si basi sulla gratuità, sull’equità, universalità. Affrontiamo il tema della mammografia, della riabilitazione, delle carriere interne e degli appalti che hanno alla base un sistema corruttivo capillare e di clientelismo. La liberazione di risorse che ne deriverebbe da una riorganizzazione totale, potrebbe essere reinvestita nella sanità stessa aumentandone l’efficienza fino all’eccellenza.

-Nel capitolo del lavoro affrontiamo il concetto di PIL, di “lavoro utile”, di potenziali incrementi occupazionali legati a politiche industriali chiare (territorio, servizi pubblici, green economy, hight tech collegato all’Università e alle start up). Un piccolo inciso: negli anni 2007-2014 la regione Liguria ha ricevuto stanziamenti per 1,3 mld di euro. Di questi però non ne ha utilizzati (perdendoli) circa 500 mln. Inoltre aveva previsto investimenti per 292 mln di euro nell’ambito dell’occupazione; ebbene dal 2007 al 2014, i dati istat riportano una diminuzione di occupazione di 29.000 unità ed abbiamo una disoccupazione giovanile tra le più alte del nord Italia. Va da sé che è necessario finalizzare la progettazione ad azioni realmente utili e concretizzabili, che è necessario sfruttare bene tutte le risorse stanziate, che è necessario rivedere e monitorare costantemente gli obiettivi da raggiungere e che evidentemente gli investimenti sull’occupazione non hanno portato a risultati sperati. Riteniamo che ancor oggi si facciano progetti per distribuire finanziamenti a pioggia, senza un serio criterio basato su un reale interesse diffuso e che sia assolutamente da rivedere il sistema dei finanziamenti regionali.

-Un capitolo ampio è dedicato al territorio; qui si analizzano diversi ambiti in maniera piuttosto approfondita (dai progetti delle grandi opere, alla nuova legge urbanistica in corso, al Piano Territoriale regionale, alla città metropolitana, alle periferie, all’importanza della pianificazione regionale e comunale anche sui temi della povertà, della socialità, dell’economia, al tema della partecipazione) e si fanno proposte operative concrete finalizzate ad innsecare un circolo virtuoso di  liberazione di risorse utili per nuovi lavori e nuova occupazione.

-Affrontiamo il tema della partecipazione e dei beni comuni, analizzando il significato del termine “bene comune”, la normativa europea, il senso concreto della partecipazione e dell’istituzionalizzazione dei processi. E’ troppo facile parlare di partecipazione, ma è necessario avviare processi con regole e tempi certi, è necessario informarsi e formarsi, è necessario affrontare il tema seriamente e non demagogicamente. Illustriamo le esperienze partecipative liguri, proponiamo una serie di sturmenti attuativi e la valorizzazione della cooperazione sociale come agente di sviluppo territoriale.

 

Gli autori non hanno una conclusione propria da proporre, né ritengono che il libro sia esaustivo, tanto meno un programma politico, ma vorrebbero essere da stimolo alla partecipazione, alla politica della dignità e del bene comune, al riavvicinamento alla buona politica e al superamento degli individualismi per un bene superiore, togliere lo spazio alla mala politica con la buona politica.

 

Informazioni si possono trovare sul sito librolitaliachevorrei.wordpress.com

 

 

 

 

[1]     Terragni F. – Sala G., “Il circolo dell’economia”, in QualEnergia, 4 (sett.ott.2013), 18-20

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redazione

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