L’acqua di Carnea, le parole perfette per togliere la sete

L’acqua di Carnea, le parole perfette per togliere la sete

di William Domenichini

Vivere una comunità significa percepire sensazioni di sicurezza ed accoglienza, in una globalità sempre più ostile individualmente1: la probabile fusione tra cum e munus riverbera dalle sue radici il rapporto che nasce sul confine dove termina il proprio ed inizia ciò che riguarda tutti. Ciò che è comune diventa fonte di reale coesione, innescando rapporti di reciprocità e di condivisione, un dono che non appartiene stabilmente a nessuno ma, diventando norma, regola le relazioni tra i componenti di ciò che potremmo immaginare come il luogo geometrico delle sociale di relazioni, dove ciascun elemento si prende carico del dono reciproco: un insieme di individui che condividono l’ambiente in rapporti materiali, concretizzati in relazioni di lavoro, in un gruppo riconoscibile in vincoli organizzativi. Oggi questo luogo, la comunità appunto, è divenuta una linea di Resistenza.

Su questo fronte c’è Carnea, circa 400 anime che abitano una perla arroccata tra le colline del comune di Follo, in provincia della Spezia. Una comunità che sfugge ad alcune logiche di mercato, almeno a quelle che vorrebbero impadronirsi di beni comuni come l’acqua, che sfugge da quelle dinamiche pronte a fagocitare in grande il sistema Italia, in piccolo Acam2, la multiutility locale che con quasi 1000 dipendenti da servizi a 200.000 spezzini: 21 comuni spezzini3 le affidano il servizio idrico integrato (oltre che ai servizi ambientali ed energetici) in house providing, mantenendolo quindi in salde mani pubbliche4, ma il cui destino è vincolato da un macigno di quasi 400 milioni di indebitamento. Acam chiama Italia, fischia il vento sulle borse, infuria la bufera dei debiti5: nel 2001 l’azienda speciale6 diventa SpA7, tra i tintinnii di calici, in nome del padre mercato, dei figli domanda/offerta e dello spirito della concorrenza ma, nonostante operi in regime di monopolio, si avvita inesorabilmente in una spirale debitoria con lo stesso cliché di altre scale di grandezza: diete dimagranti che non garantiscono pareggi di bilancio, spese incompatibili con l’andamento dei tassi e gli interessi accumulano nuovo debito, senza fine. Pesano oneri finanziari dovuti ad investimenti avventati condotti da manager resi onnipotenti, ricorsi a strumenti dannosi come gli swap8, gestioni clientelari, funzioni di ammortizzazione sociale oltre ogni sostenibilità. Ricette per il salvataggio vengono sfornate dagli stessi attori del fallimento, forse sta qui la chiave dell’inadeguatezza: dalla mancata fusione per incorporazione con Hera9 che fu venduta come la luce in fondo al tunnel da folte schiere di politici10, mentre per altri rappresentava un treno contromano condotto da appetiti di chi non ha come priorità la tutela di beni comuni11.

La parentesi dell’a.d. Ivan Strozzi, ex manager Iride SpA, non insegnò nulla e ancora si brancola alla ricerca di un piano industriale che non c’è, eludendo responsabilità chiare e monetizzabili. Gli strumenti del consenso impongono all’opinione pubblica strane interpretazioni del concetto di responsabilità: mercificazione dei beni comuni e una macelleria sociale, tra tagli dei livelli occupazionali ed impennate delle tariffe a parità (o peggioramento) dei servizi. C’è chi direbbe che a conti fatti, son beati i matti, sta di fatto che se la gente di Carnea non associa la gestione dell’acqua al problema dell’Ebidta, degli assets, o del cash-flow di una società di capitale è perché i loro padri “hanno creduto alle parole perfette, e alle dighe per togliere la sete12”, tramandandone il senso ai propri figli e loro ai nipoti, e così via. L’acqua della loro comunità, che serve a farla vivere dissetando la biosfera di cui è parte, non proviene da un acquedotto costruito in project financing o da un’azienda su cui incombono l’artigli di un fondo d’investimento con sede alle Isole Cayman13, ma è saldamente nelle mani della gente che la vive.

Alla fine della seconda guerra mondiale fu deciso di costruire l’acquedotto, in un contesto dove l’acqua mancava nelle case ma era abbondante nel territorio ed iniziarono ad installare la linea di adduzione per portare l’acqua dalle quattro polle sorgive che si trovano a quasi 400 metri di quota, e da cui sgorga oggi con una portata media di 1,2 m/s14. Ogni giorno i lavoratori che tornavano dalla città della Spezia, per lo più portuali, percorrevano a piedi i quasi due chilometri di sentieri che si inerpicano dal fondovalle verso il paese, portando sulle spalle i tubi che servirono a colmare circa 100 metri di dislivello tra la sorgente e l’area dove fu costruita una cisterna di raccolta da 25 metri cubi. Nel 1956 l’acqua iniziò ad uscire dai rubinetti delle case di Carnea ed alla fine di ogni anno le spese venivano ripartite equamente tra i cittadini. Nel 1989 fu ottenuto un contributo della comunità montana che finanziò il 70% dei lavori, mentre il resto dei costi fu coperto con l’autofinanziamento: venne costruita una nuova cisterna tre volte più capiente e fu ammodernata la linea di adduzione, sostituendo i vecchi tubi con nuovi in PVC. Pochi anni più tardi furono installati i contatori, con i quali oggi computano i consumi di circa 110 utenze e quando la cisterna necessitava di un minimo fabbisogno elettrico, ecco spuntare dalla copertura due pannelli fotovoltaici che producono l’energia sufficiente.

Continuità, sicurezza, trasparenza, efficienza e risparmio, tutto ciò avviene sotto il controllo del Consorzio Acquedotto Carnea: un presidente e 10 consiglieri, tutti del paese che, a titolo gratuito, impegnano il loro tempo e si assumono le responsabilità di gestire l’adduzione idrica per le loro famiglie. Nessun gettone di presenza, nessuna indennità di carica, nessuna nota spesa, a bilancio solo costi di manutenzione, analisi dell’acqua e tassa di concessione governativa per l’uso del bene demaniale, ed un piccolo avanzo di cassa per esser sicuri di poter affrontare gli imprevisti: una frana che taglia il collegamento, una rottura, una manutenzione straordinaria, il servizio va garantito. Dal giorno in cui fu costruito, l’acquedotto di Carnea è controllato con cura dalla gente che disseta e, come allora, anche oggi ognuno da il proprio contributo con il proprio lavoro: taglio dell’erba, piccole manutenzioni, gestione contabile o controllo dell’acqua, ognuno si rende partecipe donando il proprio saper fare alla comunità. L’acqua bene comune è motivo di vanto, ed ogni carneolo ripete “com’è buona la nostra acqua”: ogni settimana viene controllata e certificata la quantità di residuo di disinfettante che un cloratore automatico distribuisce ogni 100 litri immagazzinati in cisterna e garantendo i parametri sanitari, ogni mese viene eseguito il controllo batteriologico ed ogni tre mesi le analisi chimico-fisiche di un’acqua che, certificati alla mano, viene definita “oligominerale bicarbonato calcica”.

Alla fine dell’anno si leggono i contatori ed ogni cittadino paga la propria quota per pareggiare ciò che il Consorzio spende: un piccolo bilancio che non ha ansie da dividendi perché l’unica realtà ad arricchirsi è la comunità, che non ha angosce da riscossione crediti perché nessuno è utente ma tutti compaesani ed in tempi di crisi, le famiglie in difficoltà economica non temono amministratori delegati pronti a chiudergli i rubinetti se non pagano15, la bolletta può aspettare: tutti si conoscono da generazioni ed i rapporti umani non vengono intrattenuti attraverso un call center od un front office, ma casa per casa, con la parola data e quel filo invisibile che lega gli esseri umani in una forma solidale: non sono poche decine di euro a far saltare il bilancio del Consorzio. Alla sostenibilità sociale ed ambientale consegue quella economica ed una famiglia di quattro persone a Carnea spende annualmente circa 90 euro consumando 160 metri cubi (0,56 € /mc), mentre la stessa famiglia nel resto del comune e servita da Acam, contando solo l’adduzione idrica, spende all’incirca 210 euro consumando 190 metri cubi (1,11 €/mc).

La gestione dell’acqua a Carnea è un esempio di economia manutentiva e riproduttiva, contrapposta ad un sistema che sfrutta le risorse di tutti imponendo il feticcio del consumo e della crescita infinita che crea plusvalore, dimostra che i leitmotiv aggregativi servono solo a chi parla di profitti, non di utilità sociale. Dunque la frammentazione, fobia di tanti member advisory board, non rappresenta inefficienza quando si gestisce un bene comune essendone responsabili, operando scelte per la sua riproducibilità, condividendolo: non si aumentano bollette se diminuiscono i consumi ma si rispetta l’equilibrio della sorgente, non si ricerca l’aumento delle utenze per coprire i costi e non si fanno nuovi allacci se non sono responsabilizzati nel consumo.

Le dimensioni di questa realtà dimostrano che agire localmente può avvenire con efficacia ed efficientismo, che superare la “mentalità provinciale”16 diventa un’idea astratta quanto la finanza creativa perché, come in ogni parte dell’universo, anche a Carnea l’acqua serve a vivere non a far soldi. Diversamente quel che accade in alcuni consigli comunali, o d’amministrazione, tra la gente di Carnea si percepisce la consapevolezza, scolpita nei loro volti, che in oltre 50 anni di onorata carriera l’acquedotto è un elemento vitale, nato dai sacrifici, dal sudore di chi l’ha costruito, cresciuto con la tenacia di chi l’ha curato e l’ha difeso da chi voleva che i carneoli fossero un po’ meno provinciali e bevessero l’acqua di un altro acquedotto, magari gestito con piani d’investimento che prevedono aumenti annui delle tariffe per coprire piani finanziari di rientro dal peso dei debiti, ma nessun investimento reale, redatti da pseudo manager inventati da una politica lontana anni luce da quella polis che dovrebbe rappresentare. Oggi quell’acquedotto è ancora li, con l’orgoglio di chi lo veglia, con l’efficientismo di chi fa guadagnare una comunità e la convinzione che basterà a far vivere tante altre generazioni, perché chi li precede ha la cura di insegnare loro il valore che tramandano, trasmettendo il senso di appartenenza e di condivisione di ciò che è comune.

Qui l’acqua non ce la tocca nessuno, è nostra e di chi vuole usarla con il nostro rispetto. Arrivederci”. Scendendo da quei tornanti sembra di sentire l’eco del passo grave di quei lavoratori che dopo una giornata di duro lavoro portavano, pezzo per pezzo, il peso del loro bene comune. Negli anni ’60 e ’70 si crebbe con l’idea di cambiare il mondo ma senza riuscirci, negli anni ’80 ci fu la convinzione di poterselo comprare ma fu svenduto all’asta, negli anni ’90 venne globalizzato ed aumentarono sfruttamento e differenze sociali. Oggi siamo rappresentati dal dubbio che se la giuria, pronta ad emettere il verdetto sul nostro futuro, dovesse stare troppo tempo in camera di consiglio potrebbe scappare, perché le bibite fresche sono finite17. Un bambino impertinente si scapicolla tra i vigneti, gli oliveti ed i terrazzamenti coltivati intorno a Carnea, e mentre il mondo della finanza ci fa agonizzare sull’orlo del default senza ucciderci, lo si sente gridare: “io sono molto più veloce | e non mi prenderete mai | perché sono legato alla terra | e alla terra mai mi slegherei18”.


NOTE

1 Z. Bauman (2001), Voglia di comunità, Laterza

2 Azienda Consortile Acqua Metano, nasce nel 1975, con la trasformazione della municipalizzata spezzina AMGA (che serviva anche i comuni di Portovenere e Lerici) in azienda speciale, estendendo le proprie attività a nuovi comuni della provincia della Spezia.

3 Acam serve il 92,41% della popolazione provinciale spezzina – [http://www.acamspa.com/]

4 Ai più è noto che le condizioni per esercitare la gestione di un servizio in house providing sono una gestione che abbia proprietà interamente pubblica, che abbia controllo analogo agli enti proprietari e prevalenza dell’attività svolta con l’ente, o gli enti, titolare del capitale societario.

5 O Bella Ciao”, Occupy Wall Street – [Filmato]

6 Ente strumentale dell’ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale” (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 art.114 comma 1), che ha “l’obbligo del pareggio di bilancio” (comma 4).

7 La legge 8 giugno 1990, n° 142 “Ordinamento delle autonomie locali” – Art. 22. (Servizi pubblici locali), comma 3, paragrafo 3, consente ai comuni, ed alle province, di gestire i servizi pubblici a mezzo di società per azioni a prevalente capitale pubblico locale, qualora si renda opportuna, in relazione alla natura del servizio da erogare, la partecipazione di altri soggetti pubblici o privati. Tale dispositivo fu poi incorporato nel Titolo V (Servizi e interventi pubblici locali ) del T.U. sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267).

8 La Nazione (22/07/09), “ACAM – Dai sogni di espansione all’esplosione del maxi debito

9 Hera e Acam firmano l’accordo sul percorso di futura aggregazione”, Hera Investor relations (19 novembre 2010)

10 Cronaca4 (19 Luglio 2011), ACAM. Parlano Guccinelli, Paita e Vesco: “Aggregazione opportunità di rilancio” – http://www.cronaca4.it/politica/acam_parlano_guccinelli_paita_e_vesco_aggregazione_opportunita_di_rilancio.htm

11 Situazione aggiornata sulla base delle comunicazioni pervenute ai sensi di legge [http://www.consob.it/]: Lazard Asset Management LLC (2,008%), G.S.G.R. S.r.l. (2,010%), Carimonte Holding Spa (2,057%), Azionariato flottante <2% (45,300%) e Comuni romagnoli (Rimini 2,160%, Ravenna 7,393%, Ferrara 2,741%, Modena 13,731%, Bologna 14,993%, Imola 5,319%, Cesena 2,288% = 48,625%)

12 Achab in New York ”, Paolo Benvegnù – Hermann (2011) – [Video live]

13 Pictet Asset Management LTD, azionista al 2,14% di Iren, è una banca privata d’investimenti svizzera. FIL Limited azionista di A2A, scesa da poco sotto il 2%, ha sede in 42 Crow Lane, Pembroke (Bermuda), Lazard Asset Management LLC (possiede il 1,86% di Hera) ed Eiser Global Infrastructure Fund (azionista al 20% di Herambiente) entrambe fondi d’investimento con sedi legali a Londra. Acea è in mano al colosso mondiale francese GdF Suez per il 11,52%.

14 Dati Autorità di Bacino del Magra (Tabelle di derivazioni)

15 A chi non paga le bollette l’Acam chiude il contatore”, La Nazione (14 novembre 2008)

16 L.Martinelli (8 settembre 2011), “Il festival della privatizzazione”, Altraeconomia

17 Z.Bauman (17 settembre 2011), “Perché serve una eco-scienza”, La Repubblica

18 Achab in New York ”, Paolo Benvegnù – Hermann (2011) – [Video live]

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William Domenichini

William Domenichini

Nato alla Spezia nel 1978, è dipendente di azienda. Coordinatore della redazione di InformAzione Sostenibile, da anni coltiva la passione per la scrittura,, contribuendo anche ad altre appzine come L’Indro, Manifesti(amo) e DemocraziaKm0. Coautore del libro/dossier sugli abbandoni delle aree militari “Riconversioni urbane” (!Rebeldia Edizioni), ha pubblicato nel 2018 il romanzo partigiano "Fulmine è oltre il ponte" (Ed. Marotta&Cafiero)..

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