Il piano casa ligure: né piano, né casa

Il piano casa ligure: né piano, né casa

di Seele Fragat

E’ entrata in vigore il 19 novembre 2009 la legge regionale n. 49/09 “Misure urgenti per il rilancio dell’attività edilizia e per la riqualificazione del patrimonio […]” ; così la Regione Liguria ha ottemperato all’intesa sottoscritta in data 1.4.2009 tra lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali in sede di Conferenza Unificata: il cosiddetto Piano Casa.

Ma di cosa si tratta?

Certamente le disposizioni contenute in queste misure urgenti non danno nessuna risposta al problema sociale del fabbisogno abitativo, che si materializza nei disagi di migliaia di famiglie che non riescono a trovare una casa in affitto a prezzi sostenibili, nelle difficoltà delle giovani coppie in regime di lavoro precario ad accendere un mutuo per l’acquisto della prima casa, etc….

Occorre quindi fare subito chiarezza :l’espressione “piano casa” indica due politiche diverse. La prima è un programma nazionale (o meglio, una serie di programmi) per l’offerta di abitazioni a favore di una serie di categorie deboli, attraverso “la costruzione di nuove abitazioni e la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente”
(art. 11, d.l. n. 112/08, conv. l. 133/08 e d.p.c.m. 16 luglio 2009) e non è l’argomento della legge regionale n. 49 /2009.

La seconda — quella appunto chiamata impropriamente Piano casa — è una strategia di deregolazione, che si è sovrapposta (in termini logici e cronologici) al programma di edilizia residenziale di cui al d.l. n.112/08 cit..

La seconda parte dal presupposto che per combattere la crisi economica occorra rilanciare il settore dell’attività edilizia e per far questo si permettono , indiscriminatamente e al di fuori della pianificazione dei vari Comuni , deroghe per l’ aumento di cubatura.

Questa volontà denota una visione miope, arretrata, privatistica e anarcoide dell’attività edilizia, ed emerge una assoluta mancanza di considerazione del rapporto tra abitanti, attrezzature, servizi e sistemi insediativi. Infatti uno dei principi cardine della pianificazione urbanistica (Decreto Interministeriale 1444 del 1968) è la regola che ad ogni abitante insediato debba corrispondere uno standard di attrezzature pubbliche: scuole, verde parcheggi, attrezzature comuni.

La Liguria ha escogitato ,per attuare l’intesa di cui sopra, ,un “bonus-spezzatino” per ingradire casa: più 60 metri cubi per edifici fino a 200 mc; più 20% per edifici fra 200 e 500 metri quadri e più 10% fra 500 e 1.000. Per poter usufruire invece del bonus volumetrico del 35%, l’intervento dovrà ridurre il rischio idrogeologico e permettere il miglioramento della qualità architettonica e l’efficienza energetica del patrimonio edilizio.

Lo scenario prevedibile è quello di una crescita di bubboni ed escrescenze verticali e orizzontali, in tutto l’edificato, costituito prevalentemente dagli agglomerati di case unifamiliari , spesso costruite a ridosso le une dalle altre, intervallate da spazi liberi di dimensioni minime. L’ingrandimento dell’ abitazione potrà piacere ai molti che potranno sostenere i relativi costi, ma potrebbe dispiacere ai vicini e ai confinanti. Per non dire del conseguente sottodimensionamento delle infrastrutturre, degli spazi pubblici e del verde .

La Liguria avrebbe bisogno di ben altro: reti efficienti di trasporto pubblico , recupero delle periferie pubbliche, tutela del paesaggio e del territorio storico, coesione e integrazione sociale attraverso serie politiche di social housing.
E sul paesaggio ligure che ha il pregio , ma in questo caso il difetto di essere anche verticale ,si abbatterà questa ondata di pirania cementiferi .
Se il paesaggio è il grande malato d’Italia, in Liguria è quasi moribondo. Il rapporto Istat 2009 registra un incremento del costruito di 3,1 miliardi di metri cubi nel decennio 1995-2006, nonché l’evoluzione in senso meramente consumistico del rapporto popolazione-territorio, che va verso «la saturazione territoriale, in nessun caso sostenibile».

E pensare che poteva andare molto peggio, perché gli emendamenti portati alla legge regionale ligure raddoppiavano gli aumenti e le zone dove era possibile applicarli; solo grazie a numerose e ferme proteste di associazioni e cittadini questa Giunta regionale ha rinunciato , deludendo in parte le molte aspettative nel partito del cemento , ad avere una delle peggiori leggi nel piano casa nazionale .

Ma al di là dei volumi che questa legge vuole spalmare ovunque , ancor più preoccupante sono le gravi carenze culturali e politiche che manifesta. Gli interventi in esame — che coinvolgono l’edilizia e l’urbanistica –rientrano nella materia ” /governo del territorio/” (es. Corte cost. n.303/03, § 11.1); materia che spetta, in base all’art. 117, 3 c., alla legislazione regionale, salva la determinazione dei principi fondamentali del settore riservata alla legislazione statale. E’ altresì pacifico che la pianificazione urbanistica costituisce un principio fondamentale della materia.

Con l’intesa del 31 marzo, il principio della pianificazione è stato sostituito con il suo opposto, con quello cioè della generalizzata depianificazione: viene consentito un aumento di volumetria a prescindere dal riferimento al piano urbanistico, prendendo a parametro la sola volumetria (legittimamente) esistente in un dato momento.
L’effettività della funzione pianificatoria è stata sospesa da questa manovra.

L’intesa del 31 marzo costituisce dunque una palese violazione dell’autonomia comunale, ossia del rapporto tra la collettività e il suo territorio.

Emergono pertanto profili di incostituzionalità che produrranno confusione, insicurezze e contenziosi.

Questa Babele di leggi regionali generata dal cosiddetto Piano – Casa è tutto meno che un piano , e pertanto non riuscirà ad essere efficace nemmeno per gli intenti che sottende e vuol perseguire..
Lo sviluppo economico vero e duraturo e non le illusioni che ci propina anche questa legge ,risulta possibile solo rilanciando la cultura della legalità territoriale. Basta con i condoni e nel caso di questa legge con condoni /ex ante !/ E’ necessario che le politiche territoriali siano concepite e gestite con serietà e rigore, in modo da essere affidabili per i cittadini e per gli operatori.

C’è ancora una possibilità per i comuni che non intendono soggiacere completamente a questo sopruso : entro il ( 3 gennaio 2010)termine perentorio di quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le amministrazioni comunali possono individuare parti del proprio territorio nelle quali le disposizioni di cui all’articolo 3 non trovano applicazione per ragioni di ordine urbanistico, edilizio, paesaggistico ambientale, culturale .

Mi auguro che siano ancora in molti i comuni e i cittadini che sentono la responsabilità e il diritto di decidere per il proprio ambiente di vita.

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redazione

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